Assistente alla regia e collaborazione artistica: Lina
Wertmuller.
Scene e costumi di Giulio Coltellacci.
Coreografie di Donald Saddler.
Interpreti:
Walter Chiari, Sandra Mondani, Ave Ninchi, Riccardo Billi,
Alberto Bonucci, Carlo Delle Piane, Annie Gorassini, Chum
Ken, Anne Marie Delos, Corrado Olmi, le gemelle Wells, Alfredo
Censi, Angelo Perricet.
Produzione: G&G.
Debutto: Roma Teatro Sistina, 11 ottobre
1960
Regia
Garinei
e Giovannini
Con
il debutto l’11 ottobre 1960 al Teatro Sistina di “Un
mandarino per Teo”, si completa il ciclo di G&G
“dal produttore al consumatore”. Infatti Garinei
e Giovannini, oltre ad essere autori, registi e produttori,
diventano anche gestori del Teatro Sistina.
Lo
spettacolo che, che arriva dopo una pausa di due anni in cui
G&G si erano dedicati alla televisione, prende spunto
dal romanzo “Il mandarino” dello scrittore portoghese
Eca de Queiroz, basato su questo filosofico interrogativo:
“Se agli estremi confini della Cina vivesse un mandarino
così ricco che le sue ricchezze fossero inestimabili
e se a te, uomo, dicessero che, premendo un campanello, puoi
far cadere morto quel mandarino senza che nessuno ne sappia
mai niente, ed ereditare così le sue sostanze, tu,
uomo, che faresti? Premeresti quel campanello?”.
Nella
commedia l’uomo a cui veniva posta la domanda era una
squattrinata comparsa di Cinecittà, interpretata da
Walter Chiari, che ovviamente non esitava neanche un secondo
a far passare a miglior vita il mandarino per ereditare tutti
i suoi beni. Il resto della storia si dipanava poi fra equivoci,
pentimenti, malintesi, il tutto ritmato dalle musiche di Kramer,
le coreografie di Donald Saddler,
e dagli stupendi costumi di Coltellacci.
Per “Un mandarino per Teo” La Gazzetta del popolo
scrisse: “Si nota la bravura di Perricet”, riferendosi
all’attore Angelo Perricet che da “Gran Baraonda”
in poi aveva preso parte saltuariamente agli spettacoli di
G&G. Il fatto è che Angelo Perricet non esisteva,
non era mai esistito; G&G inventarono il suo nome per
una esigenza tipografica: serviva un nome in più per
dare equilibrio all’impaginazione della locandina di
“Gran Baraonda”, e da allora, un po’ per
scaramanzia, un po’ per gioco, un po’ per farlo
assolvere alla sua tradizionale funzione, avevano continuato
a farlo apparire.
Fonte ufficiale www.ilsistina.com